giovedì, luglio 22, 2010

Ormai era un mese che non leggevo un libro. Certo, dovevo aspettare un po' per riprendermi da "Nel segno della pecora" di Murakami, e ho avuto poco tempo, in ogni caso sono arrivata al culmine della dipendenza. Avevo assoluto bisogno di un bel libro sul comodino! Di addormentarmi tra le sue pagine, di entrarvi dentro e perdermi, di venir cullata tra le sue parole rosa. Così ieri ho preso in prestito "Chie-chan e io" di Banana Yoshimoto e "Brida" di Paulo Coelho. Ora sono contenta.

martedì, luglio 20, 2010

Quella donna rappresentava tutte le donne. Del paese, dello stato, della terra. Ogni mattina con i primi raggi di sole apriva gli occhi di scatto, quasi spaventata di aver dormito troppo, in fretta faceva colazione, si lavava e si preparava il pranzo, riponendolo nel contenitore che l'avrebbe mantenuto fresco. Sceglieva ogni giorno un vestito diverso, dai colori e motivi diversi. Quando lui sarebbe arrivato non voleva certo farsi trovare con un brutto vestito, o con le scarpe sporche. Così nei giorni di pioggia portava con sé un panno per pulirsele, e un grande ombrello nero, che teneva sempre sollevato con il braccio ben teso, per farsi riconoscere nella folla quando lui fosse arrivato. Certo non voleva che dopo tutta quella attesa lui non la vedesse perché nascosta da un ombrello. Sì, se la pioggia durava a lungo il braccio cominciava a dolerle un po', ma si era imposta di stringere i denti. Ignorava anche il freddo, pungente certi giorni. Non poteva indossare un cappotto pesante, doveva far sì che lui la riconoscesse, doveva indossare l'impermeabile grigio di quel loro primo e unico appuntamento. Quell'appuntamento alla fine del quale lui le aveva promesso che si sarebbero rivisti davanti a quella panchina, su cui si sedeva ad aspettare, di quel parco in cui avevano passeggiato. Con quell'impermeabile, lentamente, tra i colori dell'autunno. Ormai le foglie erano cadute tutte. Quando sentiva il campanile battere dodici rintocchi, consumava il pranzo con una forchetta di plastica, senza mai staccare lo sguardo dalla stradina in ciottoli che le passava davanti. Non poteva permettersi che lui passasse senza vederlo. Non era nemmeno sicura di aver finito il pranzo, se ne accorgeva solo la sera quando lavava il contenitore. E ogni tanto qualcuno che la notava si fermava a chiederle perché stesse ancora lì dopo tutto quel tempo, perché non volesse rendersi conto di come stavano davvero le cose. Tutti si chiedevano perché ancora ci credesse, perché ancora sorridesse... Quella donna rappresentava tutte le donne. Del paese, dello stato, della terra.

giovedì, luglio 15, 2010

In un mondo basato su pile di sprechi, ogni bel momento meriterebbe un racconto tutto per sé. Ogni storia di anni che si sviluppa in pochi secondi, la fantasia che insegue le immagini mentre gli occhi si chiudono. Un'anziana in una casa color seppia che pulisce una macchia dal pavimento con una spugna, asciugandosi le mani sul grembiule. Due ragazzi in maglietta bianca che dividono casa, scegliendo il colore della vernice per le pareti. Una vetrata enorme di un appartamento da cui si vede l'intera città il cui sole all'imbrunire si riflette sulle finestre dei palazzi. Una ragazza davanti ad un camino acceso che si tocca la pancia, sorride al marito ed osserva la neve che scende. Storie senza inizio, senza fine, storie che meriterebbero di essere viste, sperando che niente vada perso..

lunedì, luglio 12, 2010

Alla fine non si può avere tutto, ma alla fine ci mancherà sempre quello che non abbiamo

martedì, luglio 06, 2010

La tristezza si perde col tempo, le gocce di pioggia cadono troppo lontane ormai, si portano dietro solo il ricordo di quelle bufere grigie, di quando uscivo in cortile per scoprire che il vento mi toglieva il respiro, di quando ogni foglia rossa nascondeva la gioia. Troppo sole c'è stato per me ultimamente, troppo poche lacrime di struggente malinconia, troppo poca musica.. cazzo, troppo poca musica